Abuso sessuale intrafamiliare. Caratteristiche generali dell’incesto

abusoGli aspetti cruciali riguardanti l’abuso sessuale intrafamiliare, sono tanti: l’ampia diffusione del fenomeno ancora poco conosciuta; la necessità di contenere l’impatto traumatico manifestando l’accaduto; la complessità e specificità richiesta nella valutazione; il silenzio da parte del minore che ne è vittima, spinto al segreto e alla negazione; le false dichiarazioni di abuso; l’integrazione tra aspetti giuridici e l’impatto psicologico traumatico nella valutazione. A dispetto della sua importanza, possiamo affermare che poche sono le ricerche, sia europee che italiane, effettuate per cogliere la peculiarità del fenomeno. Cerchiamo qui di effettuarne un sunto.

La maggior parte degli esperti è concorde nell’affermare che i casi denunciati rappresentino soltanto un 10/15% degli avvenimenti totali; la letteratura specialistica anglosassone presenta, a conferma di quanto detto, statistiche allarmanti: il 10/30% delle femmine ed il 2/9% dei maschi sarebbe stato vittima di abusi sessuali prima dei 18 anni, e di questi solo il 20% sarebbe avvenuto fuori dalla famiglia.

I familiari abusanti sono uomini nella quasi totalità dei casi; le donne sono rare e per lo più partecipano all’abuso con il partner.La maggior parte degli adulti perpetra la violenza con assoluta segretezza: non ne parlano con nessuno e non coinvolgano altre persone. Raramente l’abuso sessuale infantile acquista caratteristiche di gruppo, contrariamente per quanto avviene nei reati compiuti sulle donne, in cui le violenze di gruppo sono frequenti. Nella maggior parte dei casi le persone abusanti non presentano patologie psichiatriche; contrariamente al pensiero comune, l’incesto si consuma all’interno dell’area della normalità psichica, con persone “capaci di intendere e volere”. In ogni caso molti degli adulti che mettono in atto questo comportamento sono stati a loro volta abusati nel corso dell’infanzia o, comunque, hanno vissuto in un clima familiare deteriorato ed incentrato sulla trascuratezza da parte dei genitori.

A questo proposito, alcuni psicologi hanno elaborato la teoria dell’ “abusatore abusato”, secondo la quale il soggetto adulto replica la vittimizzazione subita da bambino, ottenendo un trionfo proprio da ciò in cui nell’infanzia era stato vittima; si tratterebbe di un atto di vendetta mediante cui il passato viene cancellato e trasformato in “vittoria”.

Per quanto riguarda il contesto in cui l’abuso avviene, possiamo dire che colpisce in eguale misura tutte le classi sociali e che variabili come l’etnia, il livello culturale, l’origine geografica, non incidono. Un elemento che invece rappresenta un forte fattore di rischio è la presenza di un patrigno.

La maggior parte degli autori è concorde nel ritenere che il contesto familiare in cui l’abuso si verifica è “interamente disfunzionale”. Questo significa che la famiglia è problematica non solo nella persona che commette il reato ma nella sua totalità, in quanto gruppo con regole, comportamenti, modalità comunicative, nettamente contrastanti con i bisogni e gli interessi dei minori. Quanto detto non è immediatamente visibile all’osservatore esterno; molti nuclei familiari mostrano un’apparenza normale, dietro la quale celano squilibri e conflittualità anche molto intensi, che solo lo svelamento dell’incesto può rendere evidenti. A questo proposito può essere interessante notare che nei casi in cui l’abuso sessuale è stato compiuto dal padre convivente con la madre, quest’ultima non riesce ma i proteggere il minore dalla violenza, né prima né dopo la scoperta dell’incesto, ma anzi collabora sempre, attivamente o passivamente, consciamente o inconsciamente, al maltrattamento, negandolo o coprendolo, anche di fronte all’evidenza. Questo ci permette di comprendere la gravità psicologica che tale evento assume per la vittima, la quale perde contemporaneamente la fiducia e il sostegno di entrambi i genitori.

Per quel che riguarda le vittime molti studi hanno evidenziato una forte correlazione tra abuso e abbandono scolastico; inoltre, per quei bambini che frequentano ancora la scuola dell’obbligo risultano frequenti le bocciature, sia nelle scuole elementari che medie. Il periodo di maggior rischio per l’abuso sessuale è la preadolescenza (8-12 anni); per un quarto le vittime sono maschi.E’ importante sottolineare che non è la violenza sessuale in sé a determinare la psicopatologia nel minore, quanto piuttosto il senso di colpa, l’angoscia e la vergogna che seguono i maltrattamenti. Questi sono per lo più prolungati: nel 43% dei casi durano due anni e nel 20% cinque anni. L’incidenza delle denunce fatte direttamente dal minore è bassissima. I bambini hanno sempre bisogno di un adulto, in genere la mamma o un insegnate, nel quale riporre la fiducia e che si faccia portatore della loro voce. Le cause del silenzio sono varie: la paura di non essere creduti, la vergogna, il senso di colpa (legato al timore di essere i responsabili della “distruzione” della famiglia).

In conclusione possiamo dire che l’attenzione posta su un fenomeno come questo dovrebbe essere massima in un paese come l’Italia, nel quale la cultura della famiglia e del accudimento prolungato dei figli è molto valorizzato. Inoltre ci può rassicurare pensare che l’incesto sia prodotto di realtà familiari particolarmente caotiche, disgregate o patologiche, e che venga perpetrato da “mostri” facilmente riconoscibili. Nella realtà, tuttavia, famiglie apparentemente “normali” nascondono questo terribile segreto.

7 Risposte a “Abuso sessuale intrafamiliare. Caratteristiche generali dell’incesto”

  1. Un articolo interessante. Le zone d’ombra nascoste tra le pareti domestiche sono molte e “molto in ombra”. Purtroppo in Italia è carente la dimestichezza delle istituzioni con la psicologia e, conseguentemente , in contesti quale quello scolastico, per esempio, i dubbi e gli approfondimenti su situazioni familiari disfunzionali sono lasciate alla EVENTUALE sensibilità del singolo insegnante e non ad un professionista di settore che possa dirigere ed indicare strade e percorsi per far chiarezza e dare sostegno ai disagi che i nostri preadolescenti vivono come una ferita indelebile. Un paese che non fornisce strumenti alla sua popolazione, è un paese che non solo non si preoccupa, ma non si occupa della società che lo compone e , di conseguenza è un paese che GENERA ABUSATI-ABUSATORI di domani.

    1. Concordo con quanto scrive,
      già per gli addetti ai lavori (psicologi, psichiatri, neuropsichiatri infantili, ecc.) la valutazione di un abuso infantile è molto complessa, dato che nella maggior parte dei casi non chiara. “Etichettare” erroneamente un minore come abusato può causare danni psicologi altrettanto gravi di un abuso “vero”. Quindi anche insegnati sensibili, che fortunatamente ci sono, si muovono con cautela sacrosanta.
      Le risorse a carico dei Servizi Sanitari sono ridotte all’osso, dunque condivido la sua rabbia e la sua valutazione.
      Mala tempora.

  2. Articolo interessante. Le zone d’ombra delle famiglie sono molto nascoste. La scuola dovrebbe affidarsi a professionisti di settore che agiscano continuativamente nel contesto scolastico e non lasciare alla sensibilità e coraggio eventuali di un insegnante l’approfondimento ed il sostegno di casi dubbi. L’Italia è indietro nella cultura psicologica di base.

  3. Condivido l’interesse per l’argomento e vorrei sottolineare quanto sia complesso il ruolo delle figure professionali deputate alla rilevazione e valutazione dell’abuso.
    Oltre alla difficoltà a superare le proprie personali resistenze nel riconoscere i segni dell’abuso, a volte anche molto evidenti, accade purtroppo che l’operatore (psicologo, neuropsichiatra, infantile, assistente sociale, insegnante), come il bambino abusato, rimanga solo e si senta colpevolizzato per quanto sta segnalando.
    Accade purtroppo che i primi scettici siano i colleghi deputati a compiere i passi successivi, relativi all’avvio delle indagini.
    La solitudine dell’operatore non aiuta a lavorare bene, soprattutto in un ambito così delicato e complesso.
    E’ indispensabile una specifica formazione, che dovrebbe riguardare equipe di operatori e dovrebbe intervenire sulla comunicazione tra istituzioni diverse (Tribunale, Consultorio, Servizio Sociale, Scuola).
    Le situazioni concrete dei servizi pubblici, spesso carenti di personale ed idonei strumenti e spazi, non facilitano il compito di riconoscimento dell’abuso e così il sommerso spesso rimane sommerso, anche se è stato intravisto.
    E’ triste anche rendersi conto del fatto che il sommerso esiste perchè troppo spesso tutti sanno, ma nessuno si prende la responsabilità di intervenire e ciò vale sia per vicini, parenti, familiari diretti del bambino abusato, sia per gli operatori scolastici e sanitari impauriti dai potenti meccanismi di negazione cui vanno incontro all’interno delle loro istituzioni.

    1. Concordo con quello che dice.
      Spesso la paura di “alzare un polverone”, di prendersi la responsabilità di farlo, paralizza gli operatori. Allo stesso tempo ciò che frena le denunce è l’ambiguità delle stesse “vittime” che negano/temono la gravità dell’evento o l’abuso stesso.
      Forse sarebbe opportuno accendere maggiormente i riflettori sulla questione, che come rimane insabbiata nei contesti sociali dove accade, spesso lo è anche per l’opinione pubblica e per i media. Purtroppo quando si tocca il “mito” familiare lo si fa con i guanti.

  4. A quanto su detto, anche nei commenti, aggiungo solo che a mio avviso ci si rivolge spesso alle professionalità sbagliate: quando si indaga su un presunto abuso sessuale, intendo a livello giudiziario per verificare la sussistenza di episodi di rilevanza penale, bisognerebbe affidarsi alla psicologia forense – e in particolare a quella investigativa – invece nei tribunali compaiono di frequente figure completamente diverse.
    Mi complimento per l’articolo, che ho anche segnalato nel nostro Gruppo http://www.facebook.com/groups/tuttibambiniunavolta
    Cordialità.

    Sean Nevola, seanevola.wordpress.com

    1. Concordo con quanto scrive. Già è complesso riuscire a muoversi con gli strumenti “giusti”. Spesso in queste situazioni il pericolo di aggravare la situazione dei minori e delle famiglie è molto elevato.

      Grazie per lo spunto

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