Ossessione. Quando la mente è prigioniera di se stessa

“Sono ossessionato da un pensiero”, “Non riesco a togliermi dalla mente questo problema”, “Non posso smettere di pensarci”, sono tutte espressioni che qualche volta abbiamo pronunciato e che indicano la tendenza umana universale a voler risolvere con la razionalità, con la ragione, i problemi che la vita ci pone di fronte.

Se in alcune circostanze questa strategia rappresenta un’ottima via di “uscita”, nel momento in cui diventa l’unica modalità, si trasforma in ossessione.

Il disturbo ossessivo, massima espressione di questa tendenza, è appunto caratterizzato da un vero e proprio assedio da parte di idee, immagini, paure, dubbi, interrogazioni a cui l’individuo si sottopone e che, allo stesso tempo non riesce a respingere. Le motivazioni per cui la persona scivola in questa “trappola” possono essere molteplici, connesse alla storia peculiare, presente e passata, dell’individuo, a problematiche relazionali (sentimentali o familiari), a particolari momenti evolutivi. Solo una conoscenza approfondita può rivelarlo.

Ma nel momento in cui l’idea ossessiva si impianta come un tarlo nella nostra mente come facciamo per rimuoverla? Spesso tentiamo di eliminare il “chiodo” attraverso un percorso “logico”, di ragionamento mentale. Molti rimangono prigionieri della riflessione non riuscendo più a distinguere tra problema e soluzione. In queste occasioni sta succedendo solo una cosa, si sta RIMUGINANDO e la rimuginazione da strumento per spiegare si trasforma in meccanismo circolare imprigionante.

L’ossessivo che si cimenta nella sua rimuginazione può essere paragonato ad uno studente di matematica impegnato a risolvere un problema o un’equazione. In partenza sarà convinto che il procedimento che sta utilizzando lo porterà ad ottenere un risultato, ossia la soluzione della sua espressione. Al termine dell’espressione può accorgersi che il risultato ottenuto non è quello atteso, quindi si sentirà costretto a ripercorrere la procedura utilizzata e, il più delle volte, la stessa procedura, nella convinzione di essersi perso qualche passaggio o di aver saltato qualche numero.

Ripercorso il tutto, alla fine, osserva che non ottiene ancora alcun risultato o che questo continua ad essere diverso da ciò che si aspettava. Ancora e ancora torna a percorrere il procedimento iniziale ma niente, non ottiene ciò che cerca. Ecco che laconvinzione di un risultato che è lì che aspetta solo di essere trovato fa si che il nostro studente torni a ribattere ancora, ancora e ancora la stessa strada già utilizzata. E’ così che la trappola “devo riuscire a tutti i costi a risolvere il problema!” scatta. “Ci sarà una soluzione” afferma lo studente, “e io la troverò” imprigionandosi da solo in una ricerca senza uscita.

Il problema, tuttavia, non sta nella soluzione non trovata ma nel percorso procedurale utilizzato; spesso nella vita ci troviamo di fronte ad “espressioni” il cui risultato è impossibile da trovare con la logica. Non c’è soltanto la razionalità come strategia ma anche l’emozione, la capacità di rimanere nel dubbio, la comprensione che le situazioni sono ambigue e non categorizzabili.

Ossessione. Quanto la mente è prigioniera di se stessa

L’ossessivo si pone nella stessa condizione dello studente, che cerca di risolvere una espressione che non può essere risolta. L’espressione in questione è spesso rappresentata da un dubbio che riguarda l’amore, l’affetto verso un famigliare, il suo orientamento sessuale, un’azione commessa qualche tempo prima, una parola detta o ricevuta, un desiderio perverso verso qualcuno e così via. Il rimuginatore cerca, in una di queste occasioni, una conclusione in grado di risolvere razionalmente la questione, che sia in grado di mettere un punto definitivo; una soluzione del tipo “ah ecco non posso essere gay- ma certo che amo il mio ragazzo- ah si in questo modo non sono certo un pedofilo- ovvio che quell’azione non mi procurerà conseguenze…..”ecc.

Ma, dal momento in cui il lavorio mentale non è in grado di portarlo là dove vorrebbe, poiché ad ogni conclusione altri dubbi emergono, torna a ripercorrere la serie di operazioni mentali senza interruzione, nella convinzione illusoria di ottenere l’illuminazione che lo rassicurerà in via definitiva. Il disco si ripete all’infinito con un dispendio di tempo ed energia, oltre ad un disagio non indifferente. La rimuginazione potrà essere interrotta solo quando ci permettiamo di sentire che il lavoro mentale che si sta effettuando non porta da nessuna parte, se non alla ripetizione infinita. Il benessere non sarà ottenuto, quindi, dalla ricerca ma dalla scelta di non cercare!

Il rimuginatore è un ricercatore senza speranza che troverà sollievo solo se smetterà la sua indagine mentale, iniziando ad utilizzare il cuore.