La relazione tra fratelli nel contesto familiare

La relazione tra fratelli è, di norma, il legame familiare di maggiore durata nel tempo. Essa può prendere forme assai diverse a seconda della composizione della fratria. Quando in una famiglia i figli sono due, magari della stesso genere e vicini per età, l’affinità psicologica e la condivisione di situazioni sociali è massima, con tutti i vantaggi che da ciò deriva, ma anche con qualche rischio; ad esempio nel momento in cui i genitori mostrano segni di favoritismo o utilizzano troppo spesso il confronto come strategia educativa (<<Tua sorella si che è brava scuola>>; <<Tuo fratello è più obbediente di te>>; ecc.) conflitti e scontri possono diventare molto frequenti. In ogni modo è raro che i genitori possano agire sui figli esattamente allo stesso modo; prima di tutto perché ogni persona ha un suo temperamento e, come hanno sottolineato esperti genetisti, i fratelli hanno più probabilità di essere diversi l’uno dall’altro che di somigliarsi. In secondo luogo ciascun bambino pone al genitore richieste differenti in relazione all’età e compie esperienze che ne influenzano lo sviluppo in modo diverso dagli altri coetanei e fratelli.

L’ordine di nascita, anche se di poco distanziato, determina inevitabilmente potenti discrepanze nella situazione familiare di ciascun figlio ed influenza il modo in cui la fratria interagisce. I primogeniti, per quanto avvantaggiati dall’età e candidati a primeggiare in termini di status, possono sperimentare un notevole disagio con la nascita del “nuovo arrivato” (infatti non è raro riscontrare casi di enuresi notturna -pipì a letto- anche in bambini ormai “grandi” dopo la nascita del fratellino). Per converso i secondogeniti devono confrontarsi costantemente con qualcuno più grande, il che spesso li rende più abili “negoziatori” nelle situazioni sociali, anche fuori casa. Nel momento in cui la relazione tra fratelli comprende notevoli differenze di età, essa può assimilarsi assai di più ad un rapporto adulto bambino che ad uno tra pari. In questo caso i fratelli maggiori sono una sorta di figure intermedie tra i più piccoli ed i genitori, sia nel fornire sostegno e cura, sia nel funzionare da modelli comportamentali per l’altro. Tuttavia l’intensità della relazione fraterna tende a diminuire con l’età. Non è raro che alcuni si “rendano conto” di avere un fratello solo quando il divario cronologico è meno importante che nell’infanzia(ad esempio uno 25 l’altro 30).

La rivalità tra fratelli è comunque proverbiale, quasi inevitabile, ed in effetti spesso i bambini tendono a litigare di più tra fratelli che tra amici. In ogni modo l’intensità e le modalità del conflitto dipendono in larga misura dal clima familiare, ed in particolare dalla qualità del legame di attaccamento tra la madre e ciascun figlio. Come evidenziano alcuni eminenti psicologi (Bombi e Pinto, 2001), nel momento in cui uno dei fratelli sperimenta una relazione deteriorata con uno dei genitori rispetto all’altro membro della fratria l’intensità del conflitto è decisamente maggiore (frequenti attacchi fisici e verbali, disarmonia persistente) con un rischio concreto di chiusura del rapporto in età adulta.

Dato che i conflitti non possono essere evitati, anzi NON DEVONO esserlo, in quanto la capacità di affrontare i litigi è fondamentale nella vita relazionale, diviene fondamentale per i genitori aiutare i bambini a riflettere su ciò che accade loro duarnte gli scontri. Dato che le modalità con cui si percepiscono le provocazioni dell’altro è importante tanto quanto la provocazione stessa nel suscitare la risposta aggressiva, diviene fondamentale che che i genitori incoraggino i bambini a riflettere sulle proprie convinzioni dei motivi che hanno spinto l’altro ad innescare o perpetrare il conflitto (<<Secondo te perché tuo fratello fa così?>> <<Non è detto che tuo fratello ti disprezzi, forse….>>, ecc.). I genitori non devono limitarsi ad essere arbitri dei litigi, stabilendo chi ha ragione o chi a torto; forse è più utile che vestano i panni dell’allenatore per aiutare i figli ad essere preparati ad affrontare il conflitto.

Riferimenti

  • Bombi, A. e Pinto, G., Le relazioni interpersonali del bambino, (2001), Carocci, Roma