La nostra differente normalità. Discorso sull’Autismo

Ho intitolato questo post “La nostra differente normalità” prendendo a prestito il titolo del convegno organizzato proprio ieri dall’Associazione “Piccolo Principe“, tenuto ieri a Siena ed al quale ho partecipato come uditore.

L’associazione Piccolo Principe si occupa di Autismo, è fondata da genitori che hanno figli Autistici. Persone che si sono aggregate di fronte alle difficoltà e lavorano sul campo per poter alleviare la sofferenza di altri genitori e di altri figli con problematiche analoghe alle proprie. Un’iniziativa lodevole tanto più che ieri ho appreso trattarsi di una preghiera nel deserto, dato che le associazioni attive all’interno della provincia che lavorano con l’Autismo sono poche, pochissime; in tutto tre.

I relatori invitati a parlare sono stati la dott.ssa Galli, direttore del servizio di Psichiatria Infantile Asl 7 Siena, il prof. Zappella, Neuropsichiatra Infantile ordinario all’università di Siena e luminare di fama internazionale, Alberto Negri, Presidente dell’associazione, e la dott.ssa Rossi, referente provinciale per l’integrazione scolastica. I temi affrontati sono stati molteplici, dalla presentazione del centro e delle sue iniziative presenti e future (dovrebbe diventare struttura accreditata ASL e glielo auguriamo) alla descrizione di cosa vuol dire “fare” un intervento su un bambino/ragazzo autistico; dal significato che assume un progetto scolastico di ri-abilitazione ad un pensiero sulle ripercussioni della patologia in età adulta.

In particolare su quest’ultimo punto vorrei concentrare la mia attenzione. Infatti il disturbo Autistico è spesso pensato come un problema che riguarda i bambini ma poi queste persone, come veniva eloquentemente fatto notare ieri, crescono diventando adulte. Purtroppo ricerche più o meno recenti (anche la mia esperienza personale) evidenziano che solo i bambini con un QI elevato ed una comunicazione sufficientemente sviluppata hanno un funzionamento autonomo nell’età adulta (Gillberg e Steffenburg, 1997). Il problema è dunque cogente, dato che il peso di un progetto di potenziamento dell’autonomia su persone adulte non può ricadere soltanto sulle famiglie. Le risorse economiche di una famiglia non sono infinite è dunque importante che il “sociale”, in particolare il “pubblico”, possa garantire un minimo di assistenza, magari promuovendo inserimenti lavorativi pensati ad hoc ed in grado di evitare l’istituzionalizzazione permanente.

Concludo con un rammarico: neanche uno psicologo era presente tra i relatori. Credo, non solo per campanilismo professionale, che invece le competenze psicologiche siano fondamentali all’interno di un’equipe che si occupa di questo disagio. Infatti l’Autismo, come affermava la dott.ssa Rossi, è una patologia sistemica, la quale finisce per “divorare” le famiglie, sempre più provate dal contatto costante con la sofferenza. E’ proprio il sostegno psicologico al contesto familiare l’aspetto che ieri è stato meno esplorato, nonostante questo bisogno fosse nell’aria, palpabile, visibile, nelle voci rotte delle testimonianze e negli occhi lucidi dei partecipanti. Spero che il nostro ordine si muova in futuro, un futuro immediato, in questa direzione.

Una risposta a “La nostra differente normalità. Discorso sull’Autismo”

  1. Essere autistici è un problema enorme per le famiglie e per la comunità che non sa accogliere ciò che non conosce…..

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